Una settimana fa su Linkedin ho postato questa riflessione. Dopo qualche giorno ho pensato di fornirvi un quadro più chiaro della questione.
Ogni volta commetto lo stesso errore. Inizia una nuova avventura professionale e puntualmente parto in quarta, per non dire quinta. Penso in fondo che se ce la metterò tutta le soddisfazioni arriveranno e che in fondo dipenderà solo da me.
Nulla di strano, anzi. Le esperienze precedenti mi hanno insegnato molto. Come stare in un contesto lavorativo, come relazionarmi con colleghi, clienti e manager e così via. Un percorso sempre in crescita, ne sono convinto.
Poi però che cosa accade? Che non ruota tutto attorno a te, come diceva lo spot di una famosa banca italiana. Ogni organizzazione ha le sue abitudini, le sue pratiche e le persone che meglio incarnano (almeno sulla carta) determinati valori.
Da questi si dovrebbe poi passare ai comportamenti. Ebbene si finisce per identificarsi nel proprio lavoro nel senso che si abbatte quella sottile linea tra aspetti personali e professionali.
In alcuni casi può essere anche piacevole. Tra colleghi si può diventare amici ma quando le organizzazioni crescono e gli obiettivi si fanno sempre più ambiziosi sarebbe meglio mantenere una certa distanza. Mi seguite?
Il lavoro resta un’attività fondamentale della nostra routine, soprattutto in un Paese come l’Italia che offre meno opportunità della media. Nulla va dato per scontato e per questo è giusto impegnarsi. A volte però prendere le distanze dal quadro e osservarlo da lontano ci aiuta a ridimensionare il tutto.
Vi lascio con un’immagine: la gioconda di Leonardo da Vinci al Louvre di Parigi. Può sembrare un’opera d’arte e in fondo lo è ma se vi allontanate da quella parete vi rendete conto come in realtà sia soltanto una delle tante espressioni artistiche di quel museo.
A presto
Riccardo Amato
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