Con la Superlega il calcio non è più dei tifosi
L’ANNUNCIO
Sono passate poche ore dall’annuncio della nascita della Superlega e il mondo del pallone si ritrova nel caos. Cosa ne sarà dei tradizionali campionati nazionali e soprattutto della prestigiosa Uefa Champions League? Sui social è montata la rabbia dei tifosi, rappresentati da un paladino speciale, quel Gary Neville che, senza mezzi termini, aveva criticato aspramente il mondo per il quale ha versato sudore fino a qualche anno fa.
“Un atto criminale” secondo l’ex bandiera del Manchester United, “una proposta orribile, frutto dell’avidità di alcuni club”, rincara la dose il vicepresidente della FIFA Ceferin, che in particolare si scaglia contro Andrea Agnelli, colpevole di aver omesso la verità negli ultimi colloqui intercorsi tra i due. La strada verso la sostenibilità si trasforma in un’opportunità ristretta a pochi, con logiche di business assolutamente neutrali alla disuguaglianza.
LE REAZIONI
Il mondo del calcio è spaccato. I tifosi gridano allo scandalo in maniera unanime. “Il calcio è della gente e per la gente”. Alcuni interessi sembrano prevalere sulla bellezza e la portata di un gioco che appassiona e coinvolge tutti e si nutre dei sogni e della passione di milioni di persone. I dodici club fondatori sono i reazionari di un regime che evidentemente ha mostrato tutte le sue lacune. La domanda sorge spontanea: quale sarebbe la differenza rispetto alla attuale Champions League? I ricchi sono sempre più ricchi e ai poveri restano le briciole. Niente a che vedere ad esempio con la ripartizione degli introiti da diritti tv in Premier League.
Gli scheletri nell’armadio non mancano e chi grida allo scandalo farebbe bene a ricordarsi da dove viene. Il fallimento del Financial Fair Play, così come le difficoltà nel reperire risorse per i grandi club europei (emerse anche grazie alla recente pandemia), ci confermano il momento difficile di questo sport. Il calcio che stiamo osservando non è più ufficialmente sostenibile. L’unico esempio virtuoso tra le grandi d’Europa è il Bayern Monaco, mentre le altre continuano ad accumulare debiti pur di raggiungere la futura El Dorado sportiva.
CALCIO E POLITICA
E adesso? Anche la politica è scesa in campo. Il Presidente del Consiglio Mario Draghi si è schierato contro la possibilità di questa nuova via poiché non sarebbero garantiti “il merito e le funzioni sociali dello sport”. Le federazioni intanto garantiscono il corretto e regolare svolgimento (e conclusione) del campionato in corso.
E se si trattasse di una semplice mossa strategica? Non è casuale la risposta della Uefa che ha appena risposto alla provocazione presentando la nuova Champions a 36 squadre che dovrebbe partire dalla stagione 2024. Contraddizioni di un football che non sa più dove sbattere la testa, ricerca risorse, progetta sottobosco e poi distrugge tutto in men che non si dica. Così non si va da nessuna parte.
SOGNO O ILLUSIONE?
Ricorderemo questo 19 aprile 2021 come l’inizio di una nuova era o come uno di quegli episodi storici sfortunati che hanno fatto tanto rumore per poi non cambiare nulla? I silenzi delle società hanno finalmente una spiegazione. Ciò che è certo è che la maggioranza disdegna questa soluzione e i tifosi fuori dallo stadio sono pronti a gridare più forte di prima. La gente rivuole quel calcio che le appartiene, quel sogno che rischia di trasformarsi in illusione.
Cosa ne sarà del calcio del futuro? Si tratterà semplicemente di un gioco al rialzo, un tutto contro tutti o ci sarà ancora spazio per le favole? L’imprevedibilità del football è ciò che rende attraente questo sport. Come Davide contro Golia, come il Leicester campione d’Inghilterra o il Porto campione d’Europa. L’augurio è che anche questo mondo ritrovi un po’ di coerenza e rifletta sul suo percorso per non commettere errori imperdonabili. Siamo ancora in tempo per fermarci e tornare indietro.
Riccardo Amato