Ho parlato con De Zerbi e mi ha detto che…
Una conversazione immaginata con il tecnico del Sassuolo. Dopo Gasperini e Sarri, ecco il turno del tecnico del Sassuolo. Una stagione, quella che sta per concludersi, che l’ha visto comunque protagonista. In campo e fuori. Al centro dell’attenzione mediatica. Parlare di De Zerbi è un po’ come voler affrontare quei temi talmente vasti da dover spezzettare il tutto in micro temi, sottotitoli, osservazioni e molto altro ancora.
L’ho incontrato in occasione di un torneo di calcio giovanile, per poi scoprire che il nostro albergo sarebbe stato lo stesso. Lui che con i giovani ha sempre avuto un feeling particolare. Un tecnico che veste i panni dell’educatore e del maestro, un uomo che fa del bastone e della carota due strumenti essenziali per la crescita dei suoi ragazzi.
Quest’anno, però, ha chiesto troppo ai suoi giocatori. “Tornassi indietro rifarei tutto”. Convinzione e consapevolezza nei propri mezzi non devono mancare se giochi in Serie A e guidi un club che macina gioco e risultati da tempo. “L’etichetta della favola la lasciamo ad altre realtà, noi con il nostro gioco abbiamo offerto spettacolo e abbiamo cercato di divertire i tifosi”. Il calcio è bellezza, armonia, una collezione pregiata di tocchi e gesti fino ad arrivare al gol.
“Non ci siamo posti obiettivi, se non quello di essere ambiziosi”. Ed ecco che Berardi e compagni si sono trasformati in bad boy capaci di assumersi vere responsabilità. L’obiettivo è sempre stato l’Europa. Gli equilibri di un campionato fortemente condizionato da molteplici fattori ha fatto credere a qualcosa di più grande, inaspettato. Tutti si sono chiesti quanto sarebbe durato il Sassuolo tra le prime quattro della classe. Nessuno sa cosa si siano detti veramente De Zerbi e i suoi ragazzi quando la situazione è cambiata.
L’asticella si è alzata, forse a un certo punto si è pure spezzata. L’obiettivo europeo è condiviso dal tecnico come da tutto l’ambiente. L’ambizione e il coraggio dell’ex presidente Squinzi e del ds Carnevali sono da sempre due forze propulsive per tentare l’impresa. Stagione dopo stagione, abbinando il gioco ai risultati e valorizzando un patrimonio tecnico e umano che vanta pochi eguali nella massima serie. Impossibile dimenticare il percorso del club dall’avvento di Di Francesco.
“Alcuni infortuni ci hanno penalizzato”. La crescita esponenziale di giocatori chiave come Locatelli e Caputo, la sorpresa Raspadori, le abilità e le capacità di un gruppo che si è compattato nei momenti più difficili. Alcuni risultati prestigiosi contro Milan e Atalanta. “Sapevamo che sarebbe stata dura competere con le prime sette del campionato”. Come dare torto a un tecnico che ha provato a portare il gruppo oltre i propri limiti.
I neroverdi hanno raggiunto un tranquillo ottavo posto, a una manciata di punti dalle romane. “Chiaro, se qualcuna sopra di noi avesse commesso qualche errore, avremmo potuto inserirci”. La sensazione è che questa possa essere l’ultima stagione nella società emiliana di un allenatore capace di innovare anche fuori dal campo.
Ricorderemo senza dubbio questa annata per alcune dichiarazioni (queste vere) che hanno fatto rumore. La nascita della Super Lega, le riflessioni su un modello di calcio non più sostenibile, un grido di allarme verso il calcio del futuro. La responsabilità di un personaggio pubblico di dire la verità e non infarcire di menzogne le menti dei giovani che lo ascoltano. Che siano i suoi giocatori o gli aspiranti calciatori di domani, la missione è la stessa.
Si parla (e molto) di un futuro all’estero, allo Shakhtar Donetsk. De Zerbi preferisce non commentare. Il suo lavoro non è finito, le convinzioni restano. Lo studio, l’osservazione e la sperimentazione restano quei capisaldi di un pensiero filosofico applicato al calcio.
Chissà se in un altro Paese verrà compreso, supportato e aiutato a compiere quel definitivo salto che avrebbe il sapore della consacrazione. Ispirandosi a Guardiola, ma operando ogni giorno con semplicità e coraggio. Questo è il mondo di De Zerbi. Un giovane tecnico che non ha paura di essere schiacciato dai sogni, impegnato in un conflitto costante con la realtà. Se la sua missione è stata anche quella di ispirare, parleremo ancora molto di lui.
Riccardo Amato
Quando vivi in una realtà come quella del sassuolo, diventa tutto piu’ semplice il lavoro. Se poi hai anche buoni giocatori su un campionato mediocre, fai tombola. L’esempio di di francesco lo trovo calzante. L’idea del gioco e’, la stessa ma non ha funzionato ne a Roma ne a Cagliari. Il calcio non e’ uno. Ma in una gara devi saper leggerlo e cambiare velocemente atteggiamento, a seconda della forza dell’avversario, o del momento di forma dei tuoi giocatori. Tutto condito da un bel presidente, un direttore sportivo capace, e tanta tanta fortuna. Hai maghi, agli inventori, non ci credo. Credo nel gruppo nel. Lavoro nell’armonia. Ingredienti per fare bene.
Grazie Gianni, sono parzialmente d’accordo con te. Servono diversi ingredienti per fare bene e raccogliere quanto seminato. Il destino ha sorriso al Cagliari ad esempio, un altro esempio virtuoso potrebbe essere lo Spezia. Dal mio punto di vista, complice una stagione non eccezionale delle romane, il Sassuolo avrebbe potuto fare di più. Il lavoro di De Zerbi resta e forse è arrivato il momento giusto per intraprendere una nuova avventura.