Il Palermo delle meraviglie

Meraviglie artistiche, poesia pura tradotta in calcio. Una grande passione, quella del Presidente Zamparini, che è andata ad impattare contro le difficoltà del nostro calcio. Il tanto atteso closing tra il presidente rosanero e la cordata di Baccaglini è sfumato ma il Palermo, quello ammirato sul campo, lo vogliamo ricordare così, celebrando giovani promesse diventate stelle di assoluto valore.

Non solo un promettente Dybala, soprattutto Cavani, Ilicic, Abel Hernandez e poi Javier Pastore. Alcuni nomi che ripensati adesso, tra fiumi di nostalgia rosanero, non fanno altro che accrescere i rimpianti per quello che ha rappresentato la società siciliana e che adesso non c’è più. Un passato glorioso, un campo rigoglioso di talento e sogni, un calcio votato all’attacco scandito da tempi e scelte di assoluto valore. Un patron appassionato tanto da mettere il cuore prima del bilancio. Un calcio un po’ diverso da quello attuale.

La scoperta del talento, le movenze del giocatore in grado di catalizzare su di sé le attenzioni di critica e tifosi, un attimo prima che compia un gioco di prestigio con la palla e la depositi in rete. La sua valorizzazione e la creazione di un tesoretto prima tecnico e poi economico. Tutta la bellezza del calcio, la sua poesia, l’estro, l’essenza del gioco da una parte, la fatica e la realtà dall’altra. In Italia i sogni di gloria si sono spesso scontrati con la realtà di una piazza da contenere. 

Le difficoltà del nostro movimento, la voglia di mollare dopo tanti sacrifici, la ricerca di una nuova svolta. Sembrava essere la volta buona, con una Serie B da affrontare come il classico Purgatorio (magari con Oddo in panchina) e tanti giovani da lanciare. Ritornare in Serie A con un nuovo progetto e tanto entusiasmo da contagiare la gente. Quel Palermo invece è storia.

E adesso? Forse è meglio ricordarsi di ciò che era il Palermo, rivivere quelle sensazioni che solo una squadra medio-piccola sa darti, perché solo con le sue forze e le sue intuizioni riesce a compensare le fisiologiche lacune. Quel Palermo era una big con le pressioni e le aspettative di una squadra che si doveva solamente salvare. Ecco perché ha stupito. La favola non è finita, è nei cuori e nelle menti di migliaia di tifosi.

Il tempo ha portato con sé nuovi temi e nuove formazioni. Ora ammiriamo l’Atalanta ad esempio, per gioco sale lo Spezia di Italiano e per mentalità ecco il Verona di Juric. Piccole con sogni da grandi, realtà che attraverso la forza delle proprie idee non temono la concorrenza e guardano in alto. Il calcio è anche nostalgia e allora ci auguriamo che questo sia soltanto l’inizio di un nuovo calcio, più equilibrato e competitivo, guardando alla Premier e tenendo la testa alta in campo e fuori.

L’Italia terra dei talenti, delle giovani promesse e di tanti tecnici che si sono formati e sono riusciti a vincere. È il momento di ripartire senza mai dimenticare le nostri origini, ricordandoci che nelle difficoltà ci siamo sempre esaltati (come accadde ai Mondiali del 2006). Il cuore al passato, la mente tra presente e futuro: un nuovo calcio è possibile, quello della gente e della voglia di stupire ancora.

Riccardo Amato

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