In campo c’è un solo re

Ammettiamolo, questo Mondiale in Qatar non sta regalando molto dal punto di vista dello spettacolo. Le squadre sembrano impaurite e tese, condizionate da quei recuperi extra large e dal peso della posta in palio.

Due tra le grandi favorite, Brasile e Argentina, si sono separate al primo importante bivio. Le lacrime di Neymar da una parte (che ha comunque raggiunto a quota 77 reti l’idolo Pelé), la rabbia che condisce una vittoria sporca dall’altra.

L’Argentina di Leo Messi supera un’Olanda troppo accademica, poco creativa e vittima di un calcio che forse non esiste più. Le dimissioni di Van Gaal, come quelle di Tite per i verdeoro, non possono che sancire il fallimento di un progetto sportivo. In Qatar c’è stato finora poco calcio.

Leo Messi, dicevamo. Nel momento in cui la parabola di CR7 sembra essere sempre più vicina alla fine, il genio di Rosario trascina i suoi compagni in semifinale.

Sarà una delle ultime chance per alzare quel trofeo che lo consacrerebbe tra i più grandi, a fianco a quel Diego Armando Maradona che aspetta un messaggio da lassù. Chissà se la provvidenza verrà in soccorso di un gruppo animato da spirito più che da doti tecniche. Il ct Scaloni piace al popolo argentino perché sembra uno di loro. Eternamente sospeso tra la mediocrità e la gloria. L’importante è arrivare in fondo e alzare quel trofeo. Poi calerà il sipario sui gol, le polemiche e le occasioni sprecate.

Riccardo Amato

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