Cucito sul petto: lo scudetto va all’Inter

#INTER19

Inter, è tuo! La stagione 2020/21 passerà alla storia come la stagione del trionfo. Lo scudetto numero diciannove per il club di Viale della Liberazione a Milano. Un successo nerazzurro per definizione. Al termine dell’annata più complicata, raggiunto matematicamente dopo 34 giornate. Uno scudetto che vale molto per la città di Milano e per i milioni di tifosi sparsi in tutta Italia da Nord a Sud. Un traguardo pianificato, programmato, a volte nascosto per scaramanzia o per paura che qualcosa potesse girare storto. Una squadra un po’ incerta ai blocchi di partenza, condizionata dalle fatiche della passata stagione (conclusa con il secondo posto in campionato e la finale di Europa League) e da una pandemia che ha frenato le ambizioni di tutti.

UOMINI

Poi la convinzione dei propri mezzi, la fede nel lavoro e la fame di vittoria si sono fusi in uno stile di vita. Quando vinci per la prima volta (ed è il caso di molti calciatori presenti nella rosa nerazzurra), qualcosa cambia dentro di te. Dall’1% di probabilità di vittoria al 100%, in due anni, per citare Antonio Conte. Lo scudetto della credibilità, perché se prendi il tecnico più vincente sulla piazza, tutti si aspettano faville. Alcune scelte impopolari, per dirla alla Marotta, una grande cultura del lavoro, per seguire l’esempio del vice presidente Javier Zanetti. E poi sempre lui, quel Lele Oriali trait d’union tra squadra e società, che quando si vince è sempre presente. Ripercorriamo questa cavalcata. Un’impresa straordinaria che sa di storia.

IL VOLTO DELLO SCUDETTO

Quello di Antonio Conte, chiamato per vincere subito con un club disabituato a lottare per il vertice. Quando è arrivato all’Inter, i nerazzurri navigavano ben distanti dal primo posto della classifica, a più di venti punti dalla Juventus campione d’Italia. Al primo anno ha reso ammissibile un gap con i bianconeri che si è notato solo nel doppio confronto. Il percorso in Europa League è stato straordinario. Una squadra compatta, concentrata, solida, con dei problemi da risolvere e alcuni giocatori chiave non certo pronti al salto. La voglia di riscrivere il proprio destino. Lo scudetto numero diciannove è figlio del lavoro e di una grande mentalità. Il paragone con Mourinho ci sta tutto: vincere è difficile, tornare a vincere dopo anni nei quali non sei protagonista, lo è ancora di più.

BIG ROM

Il campione belga è stato l’acquisto più oneroso degli ultimi tempi. L’eventuale apporto all’ombra della Madonnina in termini di gol e di leadership non è mai stato messo in discussione da chi l’ha voluto fortemente. L’attaccante non ha deluso le aspettative, anzi ha sorpreso. La sua grande fisicità gli ha permesso di vincere parecchi duelli fisici con chi ha provato ad arginarlo, l’intelligenza tattica e il lavoro in allenamento gli hanno permesso di cambiare in meglio. Un attaccante moderno sa quando è il momento di evolvere il proprio gioco. E la squadra ringrazia. Protagonista anche nella rifinitura, uomo squadra e catalizzatore della maggior parte delle azioni offensive dei nerazzurri. Lukaku ha fatto la differenza segnando gol pesanti. Insieme a Lautaro Martinez ha spinto l’Inter verso la vittoria. Una coppia gol considerata dagli avversari l’arma letale da temere e rispettare.

TAGLIA E CUCI

Un lavoro silenzioso e meticoloso quello dell’A.D. Marotta. Le difficoltà ci sono state. Vivere all’interno le dinamiche del club più tormentato non dev’essere stato facile. L’obiettivo è sempre stato ambizioso e aveva come presupposto uno sforzo generale enorme: cambiare con il lavoro il corso degli eventi. Una società come l’Inter avrebbe dovuto crescere ed essere rispettata anche al di fuori del campo. La supervisione dall’alto del lavoro di Conte e le strategie (messe in atto assieme all’A.D. Antonello) per combattere la crisi economica. Un lavoro di taglia e cuci che viene premiato con la grande gioia di riportare l’Inter in alto. Dove merita di essere. Il duo Marotta – Conte si è rivelato vincente per la seconda volta. Anche la famiglia Zhang ci ha visto bene quando ha chiamato il dirigente più esperto della Serie A. Due anni di risultati di primissimo livello, con la concreta possibilità di aprire un ciclo. Ad alti livelli nulla è casuale. Questo successo nasce dalle idee e dalle competenze dei migliori manager del panorama nazionale  ed internazionale. Le scelte in sede di calciomercato si sono rivelate corrette, al netto di qualche infortunio di troppo.

CHRISTIAN ERIKSEN

26 gennaio 2021. Punizione vincente contro il Milan in Coppa Italia e passaggio del turno. È questo il momento della svolta del talentuoso centrocampista danese. Con un anno di ritardo la Serie A scopre uno dei suoi giocatori più iconici. Un calciatore in grado di migliorare il rendimento di chi gli sta attorno. Un leader tecnico che è riuscito ad adattarsi alle richieste di un allenatore che lo voleva più attivo in fase di non possesso. Un calcio completamente diverso da quello inglese. Trovate le giuste misure, il suo contributo è stato determinante. A lungo relegato in panchina, questa squadra aveva bisogno della sua classe e della sua esperienza. Il gol al Crotone è il simbolo della stagione della sua rinascita. Quando le partite diventano difficili, poter contare sui colpi di un calciatore come Eriksen diventa fondamentale.

L’ATTESA

Vincere all’Inter non è mai una cosa scontata. Lo sanno bene i campioni che hanno vinto tutto, lo hanno compreso quei senatori che hanno continuato a lavorare per anni in attesa di un premio. Andrea Ranocchia e Samir Handanovic sono i testimoni di un decennio sportivo che ha visto sempre prevalere gli altri. Nonostante gli sforzi e qualche ottima prestazione. Una lunga attesa. La storia cambia proprio con l’avvento di Antonio Conte. Dopo le delusioni, ecco la luce. Tutto l’ambiente inizia a crederci e lavora per il massimo obiettivo. Il portiere sloveno conquista il suo primo scudetto nell’annata più sfortunata, in concomitanza di un fisiologico calo di rendimento. Spesso i suoi miracoli non hanno permesso di alzare un trofeo. Quasi sempre un portiere vincente è protetto da un muro. Skriniar – De Vrij – Bastoni come Barzagli – Bonucci – Chiellini alla Juventus. Andrea Ranocchia è il capitano morale di un gruppo che si è compattato nelle difficoltà. Mai smettere di sognare. Mai pensare all’io quando c’è un noi da valorizzare e da scoprire.

CRISI

La parola più abusata, insieme a processo, quando si legge di Inter sui giornali. La squadra mediaticamente più esposta e bistrattata dalla stampa, forse anche per demeriti propri (vi ricordate la talpa ai tempi di Spalletti?). Una vittoria contro tutto e tutti. In primis contro lo scetticismo e il pessimismo cronico. L’ambiente nerazzurro esce da quella depressione sportiva che si era tramutata quasi in alibi. Come nel 2010, la società e la squadra corrono insieme verso l’obiettivo e possono contare su uomini veri. La crisi è stata delle altre squadre. Milan e Juventus su tutte, ancora impegnate a combattere per la qualificazione alla prossima Champions. L’Inter è forza, continuità, sacrificio, umiltà e coraggio. Quel “testa bassa e pedalare” diventato mantra. I fatti più delle parole. Un unico obiettivo in testa. La vittoria. E chi dice che l’Inter era solo contropiede? Il gioco non dev’essere solo piacevole ma efficace. In Italia non esiste ancora (e forse mai esisterà) una cultura del gesto, semmai dell’obiettivo, del risultato.

Un popolo in festa, una città che si risveglia in tutta la sua grandezza. Un mare di tifosi che sprigiona il suo entusiasmo e rinnova il suo legame d’amore con la squadra che non scegli. È lei che sceglie te. In tempi di pandemia, l’unica restrizione, la più pesante, è stata veder trionfare i colori bianconeri. Quanta gioia, quanta soddisfazione. Un pensiero agli interisti che non ci sono più e che avrebbero dato qualsiasi cosa per vivere questo momento. L’Inter è campione d’Italia!

Riccardo Amato

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